Storia
Museo Archeologico “G. Romualdi”
Il Museo civico G. Romualdi custodisce numerosi reperti archeologici rinvenuti nel territorio di Notaresco. È suddiviso in due sezioni, la prima dedicata alla preistoria e la seconda al periodo italico e romano. (ATTENZIONE! IL MUSEO È MOMENTANEAMENTE CHIUSO AL PUBBLICO)
PIANO TERRA
SALA PREISTORICA
Sala dedicata ai reperti di epoca preistorica.
Sala preistorica: scopri di più
Il territorio è stato frequentato per migliaia di anni come rivelano i numerosi frammenti trovati. La frequentazione dei luoghi è, infatti, attestata dal IX millennio a.C. fino al II secolo d.C.
Il museo ospita attrezzi originali da lavoro e strumenti per la caccia, ad esempio oggetti in pietra scheggiata e in pietra levigata, asce, mortai, pietre usate per l’accensione del fuoco, frammenti di calderoni e di olle per uso domestico e di grattatoi.
Il rinvenimento di probabili rivestimenti di capanne composti da frammenti di terra essiccata mista a calcareniti, ha reso possibile la ricostruzione ipotetica di parte di una capanna preistorica, costituita da un graticcio realizzato con rami intrecciati di piante diverse e ricoperto di argilla impastata.
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SALA 1
Nella sala 1 troviamo reperti del periodo italico provenienti da diverse parti del territorio locale, rinvenuti in seguito a lavori agricoli o a semplici movimenti del terreno, dovuti principalmente a sbancamenti per costruzioni.
Vetrina 1: scopri di più
Vetrina 2: scopri di più
Vetrina 3: scopri di più
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SALA 2
Nella sala 2 troviamo grafici che descrivono parte della villa romana di Grasciano (una frazione di Notaresco), appartenente al periodo compreso tra il I secolo a.C. ed il II secolo d.C. In evidenza la cisterna, la piscina natatoria, tracce di mura e fondazioni di altri ambienti ancora da indagare. Nella sala troviamo: frammenti di tubazioni di condutture d’acqua e la ricostruzione ipotetica di una parte di un’abitazione romana.
Tubazioni: scopri di più
Villa: scopri di più
Gioielli: scopri di più
Piccola vetrina con vaghi di collana in pasta vitrea e due pendagli (orecchini) in ambra.
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SALA 3
Nell’ampia sala 3 troviamo più vetrine, che mostrano reperti diversi raggruppati per categoria:
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Instrumentum domesticum
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Anfore
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Terracotta e ceramica comune
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Ceramica sigillata
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Ceramica a pareti sottili
Vetrina 6 - Instrumentum domesticum e reperti vari in metallo: scopri di più
Nel piano intermedio sono esposti oggetti in bronzo, fibule, fibbie, anelli e frammenti di collana in argento.
Infine, sul piano inferiore sono presenti frammenti in piombo, chiodi da carpenteria, punte di lancia ed un falcetto.
Vetrina 7 - Anfore in terracotta usate come contenitori per vino, acqua e olio: scopri di più
Nel piano intermedio sono esposti oggetti in bronzo, fibule, fibbie, anelli e frammenti di collana in argento.
Infine, sul piano inferiore sono presenti frammenti in piombo, chiodi da carpenteria, punte di lancia ed un falcetto.
Vetrina 8 - Terracotta e ceramica comune: scopri di più
Nella parte superiore della prima vetrina sono esposti oggetti di diverso tipo, che si distinguono per il colore e l’impasto: abbiamo due piccoli contenitori per liquidi ed un tripode.
Nel piano intermedio è visibile un catino in terracotta, mentre in quello inferiore vi sono un frammento di calderone, un altro catino e frammenti di laterizi bollati.
Tripode: recipiente con tre piedi di appoggio disposti a triangolo, dalla forma globulare e con ampia apertura sommitale. Poteva essere in metallo o in argilla, come nel nostro caso e molteplici erano i suoi usi. In cucina poteva essere impiegato per sostenere altri contenitori con cibi e vivande. Tuttavia è stato supposto anche un suo diverso utilizzo: ossia quello di profumare ambienti attraverso l’uso di resine odorose e incensi, bruciati dalla brace collocata all’interno del tripode stesso.
Vetrina 9 - Frammenti e reperti di terracotta e ceramica per uso vario: scopri di più
Fritillus: piccolo contenitore in argilla, scambiato da molti per tappo (questo impiego può essere anche possibile), tuttavia la sua particolare configurazione e alcuni ritrovamenti presso Pompei ci consentono di ipotizzare un uso alternativo dello stesso. Questo curioso oggetto veniva impiegato nel gioco, in particolare serviva per tirare i dadi ( a Pompei sono stati trovati dei dadi all’ interno dei fritilli).
Vetrina 10 - Terracotta per liquidi: scopri di più
Lekythos: si tratta di una sorta di bottiglia con ansa, realizzata in terracotta ed usata per contenere liquidi, vino o acqua. Quello che colpisce è la linea moderna dell’oggetto, che può essere assimilabile alle opere dell’artista Giorgio Morandi.
Vetrina 11 e 12 - Terre sigillate a vernice rossa: scopri di più
La ceramica sigillata deve il suo nome al ‘sigillum’ (il marchio di fabbrica o bollo) che era collocato in ‘planta pedis’, esso veniva inciso attraverso dei punzoni e rivelava il nome del fabbricante. Questa tipologia di ceramica era prodotta in tutti i centri dell’Impero e riguardava principalmente vasellame da mensa, che aveva caratteristiche proprie in base alla regione di produzione. Nell’impasto era presente ossido di ferro e la copertura impiegata era rossa e lucente. All’interno della categoria delle terre sigillate i vasi aretini erano molto noti, la loro produzione è attestata a partire dal 30 a.C. circa. Altrettanto note erano la ceramica sigillata africana e quella gallica. Presso il museo troviamo molti esempi di terra sigillata italica proveniente dal territorio adriatico e alcuni oggetti di produzione africana, dalla tipica decorazione a palmette.
Sono esposti piatti da ornamento e da mensa, tutti con bollo del fabbricante.
Da notare la coppa all’estrema destra del ripiano più alto, si tratta di una coppa in argilla dall’impasto rosa e dal colore esterno rosso e lucido. La carena è piuttosto bassa rispetto alle altre coppe presenti ed è molto interessante l’iscrizione graffita sulla parete ‘NICE’, incisa molto probabilmente con punta metallica.
Vetrina 13 - Ceramica a pareti sottili: scopri di più
La vetrina presenta nel piano superiore bicchieri dal colore ocra chiaro o tendente al bruno. Nei piani inferiori sono esposti, invece, frammenti di coppe dal colore grigio più o meno scuro. Tale colore doveva imitare gli oggetti in metallo.
Di particolare interesse un bicchiere dal corpo ovoidale con spalla piuttosto pronunciata la cui parete si restringe bruscamente verso il fondo che è piano. L’impasto è di color ocra mentre la decorazione a barbottina sembra voler configurare tante baccellature a lunetta rovesciata lungo tutta la parete. Le macchie riscontrabili sono dovute a difetti di cottura.
Vetrina 14 - Ceramica a pareti sottili: scopri di più
Vetrina 15 - Oggetti vari in vetro: scopri di più
Plinio il Vecchio, celebre storico e naturalista romano morto durante la tragica eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., ci racconta che furono i Fenici a scoprire il vetro. La più antica attestazione risale al III millennio a.C. Bicchieri, coppe, piatti in vetro erano tanto preziosi da avere il valore pari a quello di 3 schiavi nella Roma imperiale. Molti reperti vitrei presenti all’interno delle vetrine provengono dalla villa romana di Grasciano, dalla zona di Guardia Vomano e dalla Piana dei Cesari. Campionando i diversi frammenti è stata realizzata una tavolozza dei colori visibile presso il museo. Possiamo affermare quasi con certezza che vi dovevano essere in loco non solo un’officina per la produzione del vetro (data anche la presenza di una fornace nei terreni di proprietà Vitaria a Morro D’Oro), ma anche maestranze specializzate nell’incisione del vetro stesso.
L’arte diatretaria (ossia l’arte d’incidere il vetro con punte sottilissime) era una pratica assai complessa, come dimostrano le creazioni della bottega del Maestro di Daniele, considerato il più celebre artista del settore nell’antica Roma e chiamato a realizzare oggetti di grande pregio per una committenza elevata, pagana e cristiana (la datazione della sua attività è incerta). Alcuni frammenti incisi, rinvenuti sul territorio, ci consentono di intravedere una certa somiglianza con i prodotti del famoso atelier romano, in particolare per ciò che concerne lo stile e la resa plastica dei volumi.
Nel piano superiore della vetrina 15 sono presenti bicchieri e coppe in vetro, in quello intermedio frammenti vari e in quello inferiore piatti di diversa grandezza e tipologia.
Vetrina 15 - Oggetti vari in vetro: scopri di più
Plinio il Vecchio, celebre storico e naturalista romano morto durante la tragica eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., ci racconta che furono i Fenici a scoprire il vetro. La più antica attestazione risale al III millennio a.C. Bicchieri, coppe, piatti in vetro erano tanto preziosi da avere il valore pari a quello di 3 schiavi nella Roma imperiale. Molti reperti vitrei presenti all’interno delle vetrine provengono dalla villa romana di Grasciano, dalla zona di Guardia Vomano e dalla Piana dei Cesari. Campionando i diversi frammenti è stata realizzata una tavolozza dei colori visibile presso il museo. Possiamo affermare quasi con certezza che vi dovevano essere in loco non solo un’officina per la produzione del vetro (data anche la presenza di una fornace nei terreni di proprietà Vitaria a Morro D’Oro), ma anche maestranze specializzate nell’incisione del vetro stesso.
L’arte diatretaria (ossia l’arte d’incidere il vetro con punte sottilissime) era una pratica assai complessa, come dimostrano le creazioni della bottega del Maestro di Daniele, considerato il più celebre artista del settore nell’antica Roma e chiamato a realizzare oggetti di grande pregio per una committenza elevata, pagana e cristiana (la datazione della sua attività è incerta). Alcuni frammenti incisi, rinvenuti sul territorio, ci consentono di intravedere una certa somiglianza con i prodotti del famoso atelier romano, in particolare per ciò che concerne lo stile e la resa plastica dei volumi.
Nel piano superiore della vetrina 15 sono presenti bicchieri e coppe in vetro, in quello intermedio frammenti vari e in quello inferiore piatti di diversa grandezza e tipologia.
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SALA 4
La sala 4 conserva materiali riguardanti gli ambienti delle cucine del periodo romano.
Vetrina 17 - Ricostruzione di una cucina del periodo romano, su modelli pompeiani: scopri di più
In cucina non mancavano mai olle, scodelle, calderoni, tegami di varia forma e grandezza come:
il caccabus: pentola molto diffusa provvista di coperchio, usata per la cottura a fuoco lento;
il pultarius: pentola necessaria per preparare i bolliti e le minestre, di solito aveva la forma di olla senza le anse. Era utilizzata per preparare un piatto molto particolare detto puls, una farinata di farro realizzata con l’aggiunta di alcuni legumi, cavolo e cipolle
la patina o patella: casseruola di terracotta o bronzo
l’angularis: terrina da collocare direttamente sulla fiamma, spesso di forma triangolare
Sul piano per la cottura sono esposti due calderoni per le carni, sulla mensola in alto vi sono due tegami (il più grande con coperchio), usati come scaldavivande.
Vetrina 18 - Ceramica da fuoco: scopri di più
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SALA 5
La quinta e ultima sala conserva numerose lucerne, intonaci e una ricostruzione della cisterna della Villa di Grasciano.
Vetrina 20 - Lucerne: scopri di più
Nella vetrina sono esposte lucerne a pareti sottili, monolicni (ossia con un solo becco) e con figure impresse nella parte centrale del disco. Le figure riscontrabili sono molteplici, l’ippogrifo, foglie di acanto, l’aquila imperiale oppure i segni zodiacali come lo scorpione, i gemelli, l’acquario, il leone.
Vetrina 21 - Lucerne: scopri di più
Vetrine 19, 22, 23 - Intonaci: scopri di più
La ricostruzione proposta ci presenta una rappresentazione tridimensionale affrescata che è molto simile ad un mosaico trovato a Roma, vicino alla Domus Aurea e ad un pavimento eseguito con tasselli di marmo, all’interno della vasca dell’impluvium, nell’atrio della Casa del Fauno a Pompei.
Per quanto riguarda le due vetrine successive, troviamo ulteriori frammenti di intonaci di parete, assemblati in diversi pannelli, raggruppati per forma e colore e per probabili soluzioni di composizioni parietali.